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APRILE 2018 PAG. 32 - Notizie brevi Via della Seta




BRI, Trieste e Genova si candidano
Il recente attracco della Taurus, unità Cosco da 20mila teu, al nuovo grande terzo ormeggio occidentale del terminal container del Pireo conferma da una parte l’adeguamento alle esigenze del gigantismo navale dello scalo greco permessa dagli investimenti cinesi e dall’altro la sua funzione consolidata di snodo di riferimento per lo sviluppo della BRI nel Mediterraneo. Una scelta strategica che non esclude dal gioco altre realtà portuali. In primis quelle italiane. A confermalo il consigliere economico dell’Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese, Xu Xiaofeng, che a margine dei lavori del Belt and Road Forum di Trieste ha sottolineato come l’investimento sul Pireo non influenzerà una cooperazione futura con il porto giuliano. “Sappiamo – ha spiegato – che c’è una grande parte delle merci che arriva direttamente qui e da parte cinese c’è la volontà di aprire una completa collaborazione con la Regione Friuli Venezia Giulia. Nel corso di una visita che abbiamo svolto lo scorso anno allo scalo – ha aggiunto Xu – abbiamo appreso le caratteristiche e potenzialità di porto franco di Trieste e crediamo che di pari passo all’approfondimento della conoscenza un sempre maggiore numero di imprese potranno cogliere l’aspetto strategico di un’opportunità di collaborazione”. Non si esclude dalla gara neanche l’AdSP del Mar ligure Occidentale, il cui segretario generale, Marco Sanguineri, ha ricordato come già “il 30% di tutti gli scambi commerciali tra Italia e Cina transita attraverso il porto di Genova”. Nel corso del convegno “The Silk Road in the new perspective of Eurasian Connectivity” Sanguineri ha presentato il sistema incentrato sulla banchine di Genova e Savona sottolineando come i traffici “potranno aumentare ancora grazie agli investimenti di prossima finalizzazione come il terminal di Calata Bettolo a Genova e la piattaforma container di Apm Terminals e Cosco a Vado Ligure”.
Bangladesh, tunnel intermodale e nuova ZES
Un tunnel per collegare la città portuale di Chittangong all’estremità del fiume Karnaphuli, sede di una nuova zona economica cinese. Nel Bangladesh la BRI prende la forma della prima galleria multimodale strada – ferrovia del paese, con una lunghezza di 9,4 chilometri (di cui 3,4 sotto il fiume), il cui completamento è previsto nel 2020. Il progetto, finanziato con circa un miliardo di dollari dalla China Exim Bank, con un ulteriore finanziamento di 663 milioni di dollari, e dal governo di Dacca, ridurrà i tempi di percorrenza verso Cox’s Bazar, tra le principali destinazioni turistiche del paese, garantendo una connessione più efficiente con l’aeroporto di Shah Amanat e altri due progetti autostradali attualmente in corso (Asian Highway e Dhaka – Chittagong - Cox's Bazar Highway). Gestito dalla Bangladesh Bridge Authority (BBA) e dalla China Communication Construction Company il tunnel si affianca ad un altra iniziativa sostenuta dalla Cina per lo sviluppo del corridoio Bangladesh-Cina-India-Myanmar (BCIM), uno dei sei assi prioritari del programma BRI. Si tratta della Zona Economica Speciale Anwara 2, istituita ufficialmente nel giugno dello scorso anno, che ospiterà circa 150-200 unità industriali (75mila i posti di lavoro previsti) specializzate in settori come cantieristica navale, prodotti farmaceutici, elettronica, agroalimentare, informatica, chimica, energia e tessile. Essenziale per il suo successo la modernizzazione di un sistema portuale che poggia quasi interamente (92% del trasporto marittimo del Bangladesh) sullo scalo di Chittangong, congestionato e caratterizzato da bassi fondali. Due le ipotesi su cui stanno discutendo le autorità: la proposta cinese per  l’ampliamento dello scalo e per lo sviluppo di un porto in acque profonde sulla vicina isola di Sonadia; quella del Giappone nella vicina Matarbari.
Intesa Hong Kong - India sulla doppia imposizione
Dopo otto anni di negoziati India e Hong Kong sono vicine alla stipula di un accordo fiscale per evitare le doppie imposizioni (Comprehensive Agreement for the Avoidance of Double Taxation) e rendere i rapporti tra i due partner commerciali più trasparenti e meno onerosi. L’obiettivo è stimolare il flusso bidirezionale degli investimenti e delle tecnologie, semplificando nel contempo le regole in materia di occupazione per i cittadini dei due paesi. L’intesa prevede, con un meccanismo reciproco, che qualsiasi imposta pagata da un’azienda in India o a Hong Kong possa essere compensata con quelle dovute nel paese di origine sugli stessi utili. Inoltre, sono contenute tre disposizioni aggiuntive a favore delle imprese in generale, degli operatori aerei e degli esportatori. Iniziati nel 2010 i colloqui si sono protratti fino all’intesa formale stipulata lo scorso novembre. A questo punto il CDTA dovrà essere ratificato dal parlamento indiano e dal Consiglio legislativo della provincia speciale cinese. Nel 2017 l’India era il settimo partner commerciale di Hong Kong, con un commercio bilaterale di 34 miliardi di dollari. Hong Kong ha attualmente concluso accordi CDTA con 13 dei suoi 20 principali partner commerciali, che rappresentano circa il 73% del suo livello complessivo di scambi, compreso l’Italia. Attualmente sono in corso negoziati con una serie di altri partner commerciali chiave, tra cui la Germania, la Turchia e la Nigeria.

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