Header Ads

feb 2018 pag 31 - Italia, un ruolo di primo piano nella Nuova Via della Seta





Le dieci missioni condotte in meno di un anno e mezzo in Cina fanno di Ivan Scalfarotto il testimone diretto dei tentativi di instaurare un rapporto sempre più stretto tra le autorità di Roma e Pechino. “Un dialogo - spiega il sottosegretario al Commercio internazionale - inscritto nella storia millenaria di questi due paesi e rilanciato dall’iniziativa della Nuova Via della Seta: progetto in cui puntiamo a ricoprire un ruolo di primo piano, consci delle potenzialità enormi che si potrebbero aprire aumentando le connessioni tra Asia ed Europa”.
Quali sono gli aspetti più rilevanti della One Belt One Road Iniziative per l’Italia?
Per un sistema export-oriented come il nostro un investimento infrastrutturale di tale portata, in grado di coinvolgere decine di altri Paesi, non può che essere giudicato in modo positivo. Più connessioni significa più facilità nel penetrare un mercato cinese in radicale trasformazione. I fenomeni di inurbamento e formazione di una classe media disposta a spendere per l’acquisizione di articoli di eccellenza rappresentano un’occasione unica per la produzione italiana. OBOR, inoltre, chiama in causa anche la nostra portualità: Genova, Trieste e Venezia sono una porta aperta verso il cuore del continente. Certo, fino a questo momento Pechino ha deciso di investire altrove ma gli effetti positivi della riforma Delrio potrebbero rilanciare i nostri scali come partner ideali, considerata la loro vicinanza con l’Europa centrale.   
Gli obiettivi del governo italiano?
La volontà politica è quella di approfondire la conoscenza e la fiducia nel nostro sistema-paese. Solo l’Italia, ad esempio, era presenta allo scorso Belt and Road Initiative Forum di luglio con una rappresentanza a livello di capo di governo. È recentissima poi l’intesa raggiunta su un Mou di collaborazione bilaterale verso i Paesi terzi: la nuova Via della Seta attraverserà tanti territori e non mancheranno le occasioni per allacciare ulteriori legami economici attraverso le strutture finanziarie già esistenti o valutando la possibile creazione di nuovi strumenti. In un clima di risorgenza del protezionismo il nostro scopo è quello di appoggiare tutte le iniziative che vanno in direzione dello sviluppo del commercio internazionale. Senza derogare sui principi che riteniamo indiscutibili.
Quali? 
Il commercio internazionale deve essere libero ma anche equo. Siamo sostenitori dell’apertura ma nel rispetto delle regole: un punto su cui non faremo sconti a nessuno. Proprio per questo stiamo lavorando al raggiungimento del cosiddetto “level playing field”, ovvero alle condizioni di reciprocità negli investimenti esteri che dal nostro punto di vista vanno favoriti solo se rispettano una logica di sviluppo industriale. Dall’altra parte puntiamo a rendere più semplice l’operatività delle nostre aziende ancora rallentate da una serie di barriere tariffarie e non. La Cina, insomma, va affrontata con rispetto ma non con timore: non si tratta più solo di un mero produttore di merci a basso costo ma di un potenziale partner anche tecnologico.
Ci avviamo ad una globalizzazione a guida cinese?     
La politica, come la natura, aborre il vuoto. Pechino acquisisce gli spazi da cui gli USA si stanno ritirando ed è davvero paradossale ascoltare il premier cinese parlare di libero mercato e Trump di protezionismo. Intanto, da poco è stato firmato il Partenariato transpacifico, iniziativa uscita modificata dopo il ritiro americano e sostanzialmente egemonizzata dalla Cina. Uno scenario contro intuitivo che però offre uno spazio inaspettato di manovra all’Europa, alle prese con i negoziati per gli accordi con il Giappone e il Mercosur. Un’occasione per rilanciare anche l’iniziativa politica e non solo commerciale dell’Unione. In fondo, come diceva Bastiat, “dove non passano le merci, passano gli eserciti”.   

Giovanni Grande
Immagini dei temi di Bim. Powered by Blogger.