Header Ads

GENNAIO 2021 - PAG. 16 - Pino Musolino al vertice del sistema portuale del Lazio


 

Con «un pizzico di saggezza in più», con una «maggiore consapevolezza sulle cosa da fare, quelle da non fare e da fare meglio», Pino Musolino si è tuffato nella nuova avventura al vertice dei porti del sistema portuale del Lazio. Messa alle spalle l’esperienza veneziana: «entusiasmante, intesa, anche complicata», affronta la partenza ad handicap da neo-presidente dell’AdSP del Mar Tirreno Centro Settentrionale – dissesto finanziario dell’ente, tensione sulle banchine, situazioni complesse sul fronte del lavoro – come l’allenatore che cerca di trasmettere entusiasmo alla squadra in vista di una sfida difficile. «Ho imparato che è necessario prima costruire percorsi condivisi, istituire rapporti certosini con tutti i soggetti, istituzionali e non, che si trovano ad interagire con la realtà portuale. I giorni della “luna di miele” li sto spendendo, in parte, nella costruzione di un’alleanza ampia, nel confronto con un territorio che da una parte è fiducioso sulle potenzialità da poter mettere a frutto, dall’altro spaventato dalla possibilità di non riuscire a recuperare: tracciare i confini di una condivisione iniziale, dunque, avviare i processi, anche nel rispetto delle vedute differenti».

La crisi sanitaria si è ripercossa sul “core business” di Civitavecchia, principalmente ancorato in questi anni al traffico crocieristico. È in vista un cambiamento di modello?       

La pandemia, con i risultati drammatici registrati nel traffico crocieristico e passeggeri, ha evidenziato le difficoltà cui va incontro uno scalo che pensa e si pensa solo come un polo specialistico in un determinato settore. Partendo da questa premessa tutto il sistema portuale del Lazio può puntare ad allargare i suoi confini di attività. Nel breve termine, ad esempio, sono convinto che possiamo raggiungere i 250mila – 300mila Teu. Ho già avviato una interlocuzione con terminalisti, compagnie, operatori dello shipping per capire cosa serve nell’immediato per rendere il porto di Civitavecchia più appetibile sotto l’aspetto dell’offerta, quali criticità hanno finora rallentato lo scalo. Dalle risposte ci attiveremo subito per mettere in atto gli interventi che sono direttamente nella nostra disponibilità.

Non sarà facile…

Di questo ne sono certo. Non è semplice scardinare equilibri consolidati. Ci vuole un lavoro duro e caparbio, la merce non si sposta con lo schiocco delle dita. Proprio per questo i livelli di intervento saranno molteplici. L’obiettivo in questo momento è riportare Civitavecchia, ma anche Gaeta, relativamente alle sue potenzialità, sulla cartina del traffico merci del Mediterraneo. Nel comparto container e in quello ro-ro, le potenzialità ci sono tutte. Non solo nei rapporti con il Far East, via Suez, ma anche guardando alla crescita esponenziale del vicino Nord Africa. E, soprattutto, non solo in entrata ma anche in uscita. C’è un territorio dalle capacità produttive inespresse cui il nostro sistema portuale può dare una grande mano.

Guardando, come ha avuto modo di affermare recentemente, fino agli interporti campani?

Perché no? Ci sono grandi progetti, non ultimo il piano presentato dalla Regione per i collegamenti viari e ferroviari, in grado di innescare la domanda. Il territorio si sta dotando delle infrastrutture di cui si parlava da anni, è lecito ragionare anche in una visione più ampia. In quest’ottica uno scalo come Gaeta ha potenzialità molto interessanti e la Campania è letteralmente dietro l’angolo. L’idea è quella di aumentare l’offerta di opportunità logistica, mettendo sul mercato una flessibilità in grado di far crescere in termini generali, rispetto al traffico intra-mediterraneo, la fluidità dei flussi commerciali lungo questa parte della penisola. 

Tra le criticità da affrontare anche la questione relativa alla Compagnia portuale. È solo una difficoltà contingente o, visto la generalità delle crisi delle compagnie, si tratta di una questione più generale? 

Il calo dei traffici ha sicuramente influito sulla situazione che si vive a Civitavecchia, dove peraltro ho trovato una Compagnia gestita in modo dinamico e manageriale. Più in generale, va detto che forse dopo 26 anni dalla legge 84/94 l’organizzazione del lavoro ha bisogno di essere riconsiderata. D’altronde i padri della riforma non l'avevano certo pensata come un punto di arrivo definitivo ma elemento di un processo più articolato. La normativa ha garantito un importante passaggio di fase storico preservando la pace sociale: il suo obiettivo è stato centrato in pieno. Tuttavia, anche riguardo alle trasformazioni accorse nel mondo della logistica e all’incipiente digitalizzazione, è arrivato il momento di pensare ad un modello differente che innalzi la professionalizzazione dei lavoratori, garantendo sicurezza e produttività. Troppo spesso, quando si parla di futuro della portualità, si pone l’accento solo sulla governance. Ci sono altre sfide da affrontare: tra queste anche la costruzione della figura del portuale 4.0.

Come prospetta questo 2021?

Sarà un anno difficile, inutile nascondersi dietro un ottimismo di facciata. Certo, ci sarà una ripartenza del traffico crocieristico ma non ha senso aspettarsi il ritorno automatico ai livelli del 2019. Bisognerà, poi, fare i conti con alcuni fenomeni innescati dalla crisi pandemica come l’innalzamento dei noli. Sul tema mi sembra inutile incolpare le politiche delle compagnie marittime che pure, tra l’altro, potrebbero rallentare la ripresa. Ma gli armatori si sono limitati a sfruttare appieno, e nel loro legittimo interesse, tutti gli strumenti che avevano a disposizione. Piuttosto andrebbe posto l’accento sulla mancanza di “visione” da parte dei regolatori del mercato: i rischi su un prolungamento della BER erano stati ampiamente manifestati. Il covid ha solo drammaticamente evidenziato una impostazione che non è stata in grado di garantire il giusto equilibrio tra interessi privati e bene generale.        

Riequilibrare i conti dell’AdSP. Quale strada sarà seguita?

Il grande paradosso è la cifra, circa 49 milioni, bloccata per possibili soccombenze nei contenziosi. Anche con la crisi dovuta al Covid, dunque, avremmo tutte le risorse per gestire le varie criticità. A questo punto non ci resta che studiare la possibilità di ridurre il livello di esposizioni con transazioni delle pendenze, laddove possibile, liberare risorse in modo puntuale e circostanziale, facendo leva sulla riduzione dei costi non strategicamente rilevanti e verificando la situazione delle società controllate e/o partecipate dall’ente, aspettare la ridistribuzione dei fondi nazionali costruiti per sostenere le autorità in difficoltà. Nella consapevolezza che il sistema portuale è una vittima ma anche un malato speciale: il porto della Capitale non può rischiare il default tecnico, sapendo che i fondi ci sono.    

Su quali altri punti baserà il suo mandato?

Vorrei che il sistema portuale si pensi e pensi in grande. Primo perché è direttamente collegato alla capitale del paese, poi perché dietro ha una regione che produce l’11% del Pil nazionale e ha una posizione al centro del Mediterraneo e ha la possibilità di giocare, specie con il Nord Africa, una partita seria. D’altro canto se già una decina di anni fa è riuscito ad inventarsi come polo delle crociere a livello mondiale, ha tutte le possibilità, in raccordo con il territorio, per interpretare un ruolo da protagonista nel settore delle merci.

Giovanni Grande

Immagini dei temi di Bim. Powered by Blogger.