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DICEMBRE 2020 PAG. 16 - Logistica segmento cancellato dal commercio elettronico


 

 La logistica al tempo del Covid vive una curiosa contraddizione. Per la prima volta, soprattutto nel momento più critico dell’emergenza sanitaria, è emerso, anche a livello del grande pubblico, il suo ruolo cruciale nella vita di tutti i giorni. Allo stesso tempo, nella narrazione di un settore in grande espansione come il commercio elettronico (comparto che dipende più di altri dalle attività di trasporto e distribuzione), questo ruolo viene celato. La logistica, di fatto, è espulsa dalla narrazione che promette la pronta consegna a stretto giro di click. «Con il concetto della spedizione gratuita passa un messaggio distorto,» spiega Silvia Moretto, presidente di Fedespedi che sul tema si è spesa più volte. «Si nega, di fatto, un titolo di remunerazione per un lavoro importante che richiede grande professionalità; viene taciuto il capitolo dei costi economici e ambientali legati allo spostamento fisico delle merci. Eppure, poco più di un anno fa, il Freight Leaders Council ha dimostrato con uno studio come la consegna richiesta in 24 ore impatti cinque volte in più di quella in una settimana». Questione di modelli e comportamenti che meriterebbe maggiore attenzione e discussione. Solo uno dei temi che la gestione della supply chain sarà chiamata ad affrontare – tra risposte alle abitudini inedite acquisite e i nodi preesistenti da sciogliere – nella “nuova normalità”.  


L’emergenza della scorsa primavera ha fatto passare quasi inosservata la riconferma da parte dell’Ue della Consortia Block Exemption Regulation, nei confronti della quale Confetra e Fedespedi avevano espresso parere negativo. È cambiato qualcosa?
La nostra visione rimane la stessa. Rispetto a una situazione in cui non solo la logistica ma tutti i settori produttivi soffrono, le shipping line registrano utili record, seppur con una diminuzione dei volumi movimentati. Questo non è altro che il risultato del controllo della capacità di stiva di un settore fortemente polarizzato. La quota di capacità in Teu controllata dalle prime 7 compagnie è raddoppiata negli ultimi vent’anni, passando dal 40% del 2000 a circa l’80% del 2020: è evidente che ci troviamo di fronte a un oligopolio. Situazione poco sana per qualsiasi categoria. Sia chiaro, non nutriamo velleità di controllare il mestiere altrui né di impedire l’ingresso in altri settori: le regole d’ingaggio, però, devono essere le stesse.   

 
Una richiesta che riguarda anche un’altra questione che vi vede contrari, come l’estensione della tonnage tax…
Non credo che la polarizzazione dei mercati sia un obiettivo perseguito dal legislatore: bisogna, quindi, prendere atto che agevolazioni fiscali e aiuti di Stato non rispecchiano più la situazione odierna. Faccio un esempio: il fatto che la tonnage tax possa essere applicata non solo al core business delle compagnie (il port-to-port), ma anche ad attività ancillari a terra, crea una distorsione del mercato, perché gli altri operatori con i quali di fatto le shipping line entrano in competizione non godono delle stesse condizioni e si trovano dunque in una posizione di svantaggio. È arrivato il momento di una revisione generale del sistema di sussidi e incentivi riconosciuti agli armatori: un oligopolio di fatto, che produce una distorsione così macroscopica del mercato, per giunta alimentato con risorse pubbliche, è un unicum a cui bisogna mettere mano.    


La convivenza con la pandemia ha fatto emergere nuove modalità operative in tutti i settori. Quali sono le sfide principali che dovrà affrontare la logistica?
L’e-commerce è paradigma di questa “nuova normalità”. Il 2020 ha spazzato via definitivamente ogni dubbio rispetto a questo nuovo modo di fare acquisti. Un sistema che richiede una nuova organizzazione della supply chain, sempre più veloce e flessibile, e che per questo pone la logistica in una posizione ancora più centrale. Probabilmente si tratta della migliore dimostrazione che oggi non è più sufficiente la qualità della produzione per rimanere competitivi: altrettanto importante è che i prodotti arrivino sui rispettivi mercati nei tempi richiesti. Proprio per questo non è accettabile la narrazione del “trasporto” gratis. Il tema implica questioni in termini di sostenibilità che non possono essere eluse e chiamano direttamente in causa i comportamenti quotidiani del consumatore finale.   

 
Altrove ha definito gli spedizionieri come “coraggiosi equilibristi”. A che altezza è posta la rete di sicurezza? Qual è il pericolo maggiore?  
Per la natura stessa del nostro mestiere direi che siamo abituati a operare senza protezioni. La nostra operatività è improntata al pragmatismo, siamo abituati a risolvere i problemi senza porci tante domande. L’obiettivo è soddisfare le esigenze della supply chain: puntualità e distribuzione efficiente dei prodotti sono una variabile fondamentale dell’equazione. L’abbiamo abbondantemente dimostrato durante il lockdown, quando abbiamo lavorato in condizioni complesse, con volumi a picco e costi che crescevano. È prevalso il senso della responsabilità. Ed è proprio per questo che il rischio maggiore è rappresentato dall’incertezza. In queste condizioni è difficile pianificare gli investimenti, cosa di cui abbiamo grande bisogno. 


Investire su cosa?   
Ci affacceremo volenti e nolenti su un mondo diverso. Non solo l’uso delle nuove tecnologie. La pandemia ha imposto nuovi modi di lavorare. Vanno ripensati i modelli organizzativi, il modo in cui fare business. Come associazione abbiamo avanzato proposte concrete per favorire la digitalizzazione. Personalmente investirei parte delle risorse del Recovery Fund su un sistema in grado di integrare i nodi logistici – porti, interporti, aeroporti – con un linguaggio comune. L’interoperabilità dei dati e dei processi aiuterebbe a risolvere tante problematiche che ci frenano. 


Anche lo scarso controllo sulla filiera distributiva frena il sistema Paese. Fare a meno del sistema ex-work per un tessuto produttivo caratterizzato principalmente da PMI è davvero possibile?
Quello della scarsa dimensione aziendale, pur esistendo, non può essere usata come scusa. Si tratta soprattutto di una questione di comprensione del valore della catena distributiva e di volontà. Lo dimostra una recente ricerca di SRM: il 67% delle aziende con vocazione all’export di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna sceglie il “franco fabbrica” perché pensa di eliminare un problema. E invece, proprio la crisi sanitaria ha dimostrato, ingigantendoli, i rischi legali e di mercato legati alla mancanza di controllo della distribuzione dei propri prodotti, con le conseguenze, ad esempio, dovute ai cambi di fornitori da parte dei clienti su cui non si può intervenire. Come categoria possiamo essere di supporto, in particolare per le piccole imprese. È una strada lunga ma qualcosa si sta muovendo. In fondo si tratta di quote di Pil che perdiamo a favore della concorrenza straniera.  


Quanto manca in Italia una vocazione alla formazione in logistica?
Molto. Ad oggi, anche se attraverso percorsi più o meno strutturati, la formazione dei giovani passa ancora all’interno delle aziende. Ci piacerebbero corsi di laurea o addirittura atenei specializzati nel settore, sul modello della Germania. Tuttavia, l’Italia sconta la sua inclinazione preponderante per il manifatturiero. Un errore di prospettiva, considerando che la logistica rappresenta sempre di più un valore competitivo al pari della produzione. Non a caso la Germania, prima manifattura europea, primeggia costantemente nella classifica del Logistic Performance Index. Qualche passo in avanti si registra con la nascita di qualche facoltà o di percorsi pensati per le scuole superiori. Fedespedi è fortemente impegnata sul tema delle competenze e della formazione continua, proponendo ogni anno agli associati corsi tecnici e seminari fortemente orientati alla pratica.    


L’Italia riuscirà a vincere la sfida logistica del vaccino?
Per la logistica del pharma si tratta di una sfida nuova, per caratteristiche della merce, tempistiche e volumi di traffico. Tuttavia, ritengo che l’Italia sia pronta: siamo il secondo Paese europeo esportatore di farmaci e la logistica ha know how, professionalità ed eccellenze da mettere in campo in ambito healthcare. Massima sarà, come sempre, la collaborazione con le grandi imprese farmaceutiche. Abbiamo, inoltre, già dato come Confetra ampia disponibilità di dialogo e collaborazione al Commissario straordinario e alle istituzioni pubbliche coinvolte nel piano italiano per la distribuzione dei vaccini anti-Covid19.

Giovanni Grande

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