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APRILE PAG. 18 - La trade connectivity include e valorizza i momenti logistici


Le più recenti stime sul traffico marittimo, operate da World Bank Group, indicano un aumento del trasferimento di merci su container da 2 a 5 volte nei prossimi dieci anni. È in questa prospettiva che a livello globale si stanno giocando partite strategiche nel settore della portualità e, più in generale, degli investimenti in infrastrutture materiali e materiali. Alla luce delle trasformazioni che chiamano in causa l’assetto consolidato di intere economie diventa fondamentale, anche per l’Italia, “aggiornare la nostra visione di paese dei prossimi trent’anni, ma allo stesso tempo non ritardare di un solo minuto quanto si era deciso di fare, anche con impegni formali”.

L’invito a buttare il cuore oltre l’ostacolo, a “guardare in che direzione sta andando il mondo”, arriva dal presidente di Spediporto, Alessandro Pitto, all’assemblea pubblica dell’associazione, intitolata programmaticamente WeBridgeWorld. “Tutti gli indicatori non lasciano dubbi sul fatto che il XXI secolo sarà quello, non solo della Digital Economy, ma anche della Logistic and Blue Economy”. Un chiaro indirizzo che induce Pitto a proporre l’idea di un “bold plan”, dotato di visione, programmazione e, appunto, coraggio nelle scelte.

Tre gli asset strategici su cui puntare: maritime connectivity, intesa non solo come fortunata collocazione geografica ma come corredo di efficienza e qualità dei servizi “tale da favorire la scelta di uno scalo su di un altro”; port efficiency, la capacità di offrire alla merce una serie sempre più ampia di servizi, compresa la dotazione di “zone franche dove garantire all’industria di poter lavorare la merce per poi ri-esportarla o di immetterla in consumo” o di ampie aree retroportuali per “lavorazione, magazzinaggio, personalizzazione ed etichettatura alle merci”; hinterland connectivity, “la possibilità di uno scalo di poter rilanciare ad ampio raggio le proprie merci su tutta una serie di mercati nazionali e internazionali”.

“La sommatoria di questi tre elementi porta alla definizione e quantificazione della trade connectivity, vale a dire la possibilità per un porto di essere parte di una filiera più allargata, che include e valorizza, tutti i momenti logistici di importazione, esportazione e lavorazione di un prodotto”.
Rinnovato paradigma logistico che chiama, in particolare, la comunità genovese a mettersi alle spalle la tragedia del ponte Morandi, con le sue conseguenze sul piano umano ed economico, non solo per la Lanterna ma per tutta l’economia italiana, e ripartire, attraverso la ripresa del piano infrastrutturale da 20 miliardi previsto per la città, e una implementazione delle misure di semplificazione previste dalla legge 13/2018. “Un piano ambizioso che metta a fattore comune quanto pianificato, prima del 14 Agosto, e quanto disposto dopo tale data”.

Ma il perseguimento della “trade connectivity” porta con se anche altre sfide, di tipo culturale. “Si tratta di collegare il mondo delle infrastrutture materiali a quello delle nuove tecnologie, ed attraverso questa operazione creare un ponte ideale tra porto e città, per uno sviluppo responsabile in grado di coinvolgere tutto il territorio”. WeBridgeWorld, dunque, come “concept moderno di portualità che pone al centro la merce valorizzando la filiera complessiva dei servizi”.

Vera e propria riarticolazione dei modelli operativi che, complici le principali tendenze del settore logistico – gigantismo, integrazione verticale dei processi, ingresso di nuovi operatori non convenzionali, rimodulazione delle dinamiche domanda/offerta, nuove tecnologie – chiama in causa anche la categoria degli spedizionieri alle prese con una mutazione “da architetti del trasporto, ancora nei primi anni novanta, a trade solution providers, di questi anni, per arrivare a breve ad essere i nuovi service & data providers della logistica”. “La vera sfida sarà proprio questa: trasformare i nostri servizi, aggiornandoli e integrandoli costantemente, trasformandoci in alleati dei nostri partner e clienti per eliminare i costi legati alle inefficienze e fare emergere il vero valore della logistica”.

Giovanni Grande
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