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GENNAIO 2019 PAG. 9 - Scenari da fantascienza per la logistica: parliamone



Enormi portacontainer ferme in rada che alimentano il continuo via vai di droni carichi di container verso i terminal logistici lontani dalla costa. L’immagine usata recentemente da Zeno D’Agostino, presidente di Assoporti, sembra appartenere ad uno scenario fantascientifico. Eppure, nella radicalità di un’ipotesi operativa in grado di fare a meno della tradizionale attività portuale, c’è tutta la portata rivoluzionaria attesa dall’applicazione dei nuovi sistemi digitali al mondo dei trasporti. Se il futuro della logistica, almeno per quanto attiene ad un tipo di servizio altamente standardizzato dal punto di vista operativo come quello container, farà a meno delle banchine è ancora presto da dire. Ma proprio per questo, alla luce dei cambi di paradigma cha hanno sempre accompagnato l’esplosione delle bolle tecnologiche, risulta ineludibile l’esigenza di una riflessione, sempre più approfondita e articolata, sui processi di trasformazione che presumibilmente investiranno il settore.

Sotto questo aspetto, volendo seguire alla lettera la suggestione del presidente di Assoporti, va segnalata la Conferenza di Alto livello sui Droni, organizzata poco più di un mese fa dall’Agenzia europea per la sicurezza europea (EASA), nel corso della quale è stata adottata la Dichiarazione di Amsterdam. Recependo gli obiettivi del progetto “Una strategia per l’aviazione in Europa” del 2015, il documento testimonia il crescente interesse in materia: elenca le principali iniziative future e delinea alcune attività che devono essere attuate con la massima cooperazione possibile tra gli stakeholder e gli Stati membri, con l’obiettivo di creare un mercato comune europeo sui servizi prestati da questi particolari dispositivi. Non manca l’attenzione alle soluzioni per la mobilità smart e integrata al fine di studiare, tramite sei dimostrazioni pratiche che si svolgeranno nell’arco dei prossimi 18 mesi, l’integrazione di soluzioni di trasporto locale di tipo multimodale. L’approccio, in queste prime fasi, è quello tipico della burocrazia europea: delineare il campo di applicazione per procedere gradualmente alla costruzione di una puntigliosa regolamentazione. Ancora poco per ipotizzare le condizioni di cornice per lo sviluppo di servizi di trasporto su larga scala ma abbastanza per seguire con attenzione l’evolversi della situazione.

Più concretamente bisognerà invece guardare a tutte le applicazioni pratiche basate sulla enorme mole di informazioni prodotte dalle attività logistiche. Passata la sbornia per la novità costituita dalla blockchain, con il delinearsi progressivo di quello che realmente si può fare e non si può fare con questa specifica tecnologia in ambito logistico, emerge progressivamente la consapevolezza che sarà la capacità di sfruttare adeguatamente i dati digitali a determinare i futuri sviluppi del settore.
Lo ha certificato Drewry, indicando la questione tra i top trend per il 2019; ci conta di certo l’OCSE, individuando in una maggiore condivisione dei big data con i decisori politici (con il corollario delle problematiche legate alla privacy che tutto ciò comporta) come la strada più efficace per raggiungere gli obiettivi 2050 per l’abbattimento delle emissioni di CO2.

Stesso discorso per tutte le iniziative legate all’automazione dei processi portuali, ricetta indicata dai più come vincente nella ridefinizione di una nuova centralità delle banchine lungo la catena logistica. Stando a un report McKinsey il comparto si è mosso in ritardo rispetto ad altri (estrazioni minerarie e magazzini) ma sta recuperando terreno con investimenti per 15 miliardi di dollari previsti nei prossimi cinque anni. Secondo il centro ricerche una maggiore automazione potrebbe incidere sulle spese operative fino al 25-55% con aumenti di produttività tra il 10 -30%. “I porti automatizzati sono più sicuri di quelli convenzionali, il numero di incidenti legati al fattore umano diminuisce e le prestazioni diventano più prevedibili,” sintetizza la ricerca. Tuttavia emerge anche che “le spese iniziali in conto capitale sono piuttosto elevate e le sfide operative – mancanza di personale qualificato, dati insufficienti, difficoltà di gestione delle eccezioni – sono ancora molto significative”. E anche su questi aspetti andrebbe fatta una riflessione accurata.

Giovanni Grande
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