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OTTOBRE 2018 PAG.13 - Sicurezza e professionalità per i porti italiani



Il pilotaggio riveste un ruolo strategico tra i Servizi Tecnico Nautici di un sistema portuale e il pilota rappresenta un punto di riferimento di grande importanza nella “safety” portuale vissuta quotidianamente per le numerose attività svolte nell’agevolare le navi all’approccio ai porti, nelle manovre all’interno degli stessi e all’attracco alle banchine costituendo quindi un soggetto di consolidata professionalità ed affidabilità per la salvaguardia delle strutture, al fianco delle Autorità Marittime, ma anche delle Autorità di Sistema Portuale. Una professione che viene da lontano e che si proietta verso il futuro. Come? “Attraverso un nuovo percorso di addestramento e di aggiornamento durante l’arco della vita lavorativa”, afferma il presidente della Federazione Italiana Piloti dei Porti, Francesco Bandiera. “Dopo 15 anni l’Italia ha fatto suo il contenuto della risoluzione dell’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) A.960 relativa alle “Raccomandazioni sull’addestramento e la certificazione e le procedure operative per i piloti marittimi diversi dai piloti d’altura”. Era doveroso mettersi al passo con i tempi, perché negli ultimi 20 anni il nostro mestiere è cambiato: sono stati aggiornati i regolamenti e la strumentazione si è evoluta ed il pilota, nella sua veste di “suggeritore/consigliere del Comandante” della nave non può esimersi dall’essere al passo con i tempi. Inoltre oggi il pilota non agisce più solo in ambito di sicurezza della navigazione  e di manovra nel porto, ma deve svolgere altre due nuove funzioni: una indicata proprio dall’IMO quando parla del pilota a bordo come di una “Misura Associata di Protezione” verso l’ambiente, l’altra è riferita alla “ship security”. Il pilota è la prima persona che sale a bordo di una nave all’arrivo in porto e l’ultima che scende da questa dopo la partenza. Essendo la figura a cui lo Stato “affida” la gestione dei porti attraverso e con l’insostituibile coordinamento della Capitaneria di Porto Guardia Costiera, ovvero il comandante del porto, riteniamo che la sua figura possa essere sfruttata per lo scopo in maniera del tutto naturale”.

Nasce così  il Decreto Interdirigenziale sulle “linee guida per la formazione iniziale e l’aggiornamento professionale dei piloti dei porti”.
“Inizialmente - racconta Bandiera - era previsto un percorso formativo per la security similare a quelli del personale di bordo. Fedepiloti, tra le diverse proposte avanzate e accolte da Comando Generale Capitanerie e Ministero Infrastrutture e Trasporti in fase di stesura del decreto finale, ha suggerito l’elaborazione di percorsi formativi in collaborazione con lo stesso Comando Generale, che è l’attore principale, responsabile dei piani di security nazionali. Questo permetterà all’A.M. di sfruttare al meglio la figura del “suo braccio tecnico” (il pilota) quando sale a bordo. Siamo perfettamente coscienti che l’introduzione di questo decreto interdirigenziale comporterà maggiore impegno in termini di tempo ed economici da parte di tutti noi piloti, ma un esempio su tutti chiarisce, se ancora non bastasse quanto descritto, l’importanza di seguire un percorso di aggiornamento: l’anno scorso un pilota in Portogallo ha perso la vita durante le operazioni di sbarco. Oggi l’assicurazione chiamata a risarcire, per quanto possa valere una somma di denaro di fronte ad una vita umana, ribatte contestando che il pilota non aveva seguito un percorso di aggiornamento professionale”.

Altro tema “delicato” il pilotaggio via radio: qual è la posizione di Fedepiloti, che rappresenta la quasi totalità dei piloti italiani?
“Torniamo con forza a sostenere che l’unica alternativa al pilotaggio tradizionale può solo essere quello VHF (pilotaggio assistito via radio), che è una prestazione di pilotaggio a tutti gli effetti con l’aggravante, per la sicurezza si intende, che il pilota non si trova a bordo e per questa ragione devono essere create le condizioni migliori per potere comunque partecipare alla tutela di questo bene imprescindibile, la sicurezza appunto, che non è un costo, ricordiamolo sempre, ma un investimento ed ha visto un’applicazione estremamente disomogenea e senza logica da quando è stato istituito. Atteso che la NON presenza del pilota a bordo è una situazione sicuramente meno sicura rispetto al pilotaggio tradizionale, a gennaio del 2017, dopo un importante lavoro prodotto da un “comitato di sicurezza nazionale” istituito ad hoc, il Comando Generale ha emanato delle linee guida  da utilizzare per le valutazioni delle istanze, per rispondere proprio a quella “disomogeneità” detta poc’anzi. Ci troviamo quindi d’accordo sul procedere ad una rivisitazione porto per porto della situazione nazionale, che abbia come punti fermi la tutela imprescindibile della sicurezza. Ciò detto la Federazione, come ampiamente annunciato mesi fa, ha prodotto e continua a sviluppare le valutazioni fatte in seguito allo studio sviluppato a livello nazionale sulla fruizione e quindi l’applicazione del pilotaggio via radio. Lo studio al momento ha intanto evidenziato un primo dato abbastanza eloquente, ovvero che circa il 48% rispetto al totale delle prestazioni di pilotaggio fornite in Italia oggi, avviene senza il pilota a bordo. Pertanto pronti al confronto, ma con coerenza di determinare il giusto punto di incontro tra la sostenibilità operativa di sicurezza dei porti ed economica”.

Pur vivendo nel secolo della Blu Economy, l’Italia rischia l’esclusione dalle grandi vie del traffico mondiale a causa di un sistema frammentato che frena la crescita dei porti, molti dei quali hanno piani regolatori obsoleti. In questo scenario come e dove si colloca oggi il pilota?
“I tempi oramai “indefiniti” per avere un nuovo pilota, ma anche il riconoscimento che il sistema tecnico-organizzativo così come lo conosciamo oggi è da rivedere perché effettivamente porti che per esigenze di vario genere vengono “abbandonati” commercialmente, diventano poco sostenibili economicamente, magari dall’unico operatore che rimane, richiede di iniziare una riflessione anche abbastanza decisa di rimodulazione geografica ed operativa volta ad ottimizzare le risorse umane ed i costi di esercizio. Costi che, è bene ricordarlo, in Italia ricadono interamente sull’armamento fruitore del servizio stesso, consegnando al Paese un sistema sicuramente tra i più efficaci al mondo (una classifica di un paio di anni fa ci dava in testa a livello mondiale nel rapporto manovre - incidenti), ma che al contempo non grava sulle casse pubbliche e per questo deve continuamente trovare il nuovo riequilibrio per risultare anche sempre efficiente per l’armamento”.

La Federazione cura gli interessi etici, economici e sociali dei Piloti dei Porti Italiani. Quali sono i prossimi obiettivi?
“La Federazione dei Piloti dei Porti su iniziativa del Consiglio Direttivo, ha ufficialmente intrapreso un percorso di “politica sociale” dove non ha degli interessi diretti, ma con un profondo segno di riconoscenza verso il mondo che tanto ci ha dato, ad ognuno di noi che operiamo giornalmente come piloti. Per questo saremo impegnati per capire il perché e la logica che ha portato alla cancellazione dei titoli di capitano di lungo corso e di macchina che, a nostro modo di vedere avrebbero potuto essere preservati affiancandogli semplicemente il certificato IMO di competenza così come richiesto dalle norme internazionali per il mantenimento delle capacità operative a bordo. Un altro percorso sociale che vorremmo intraprendere è quello della rimessa al centro degli Istituti Nautici nella formazione del prossimo personale navigante attraverso una collaborazione diretta con il MIUR a livello nazionale e con gli Istituti a livello locale in quanto siamo capillarmente distribuiti su tutto il territorio nazionale. Iniziativa che abbiamo già condiviso con altre associazioni di categoria riconducibili al nostro mondo che hanno apprezzato e si dicono pronte a collaborare. Il MIUR dal canto suo con la dirigente di riferimento ci ha fatto sapere di gradire sicuramente e pertanto un tavolo di lavoro verrà presto impostato”.

Un mese fa l’incidente a nord della Corsica e il disastro ambientale hanno risvegliato l’attenzione sulle Bocche di Bonifacio dove all’anno si conta un traffico di 3000 navi ad alto/altissimo rischio di inquinamento.

“C’è voluto un incidente per ridestare l’attenzione. Per fortuna senza vittime ma con conseguenze per l’ambiente. Come denunciato da WWF, dai sindaci della Sardegna, dagli addetti ai lavori un incidente del genere nelle Bocche avrebbe causato danni irreparabili – sottolinea Bandiera -. Dopo oltre 4 anni di sperimentazione così come è stata impostata, possiamo definirla definitivamente un fallimento se, l’intendimento era fare diminuire il traffico delle navi in transito, ovvero incentivarli nella scelta di avvalersi di un pilota marittimo  in uno dei posti tanto più belli ed importanti dal punto di vista ambientale, quanto uno dei più pericolosi al mondo per le condizioni marine particolarmente impegnative e le numerosissime secche oltre il corridoio di acqua navigabile particolarmente stretto. La Federazione di fronte al movimento creato dall’incidente si mette a disposizione al fine di proseguire con l’impegno preso nell’applicazione di quanto scaturito dalla risoluzione IMO in merito all’istituzione del Particularly Sensitive Sea Area”.

                                                                                                                                           RedMar

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